martedì 13 dicembre 2011

Scoperte

La famiglia di Astrid lo ha scoperto ad aprile, per via di quella fitta alla gamba che non passava. Bustine di Oki, a ripetizione, e non passava. Via al pronto soccorso, altro antidolorifico, e non passava. Astrid zoppicava la mattina, prima di prendere l'autobus per andare al liceo. Così la madre ha deciso di andare a fondo, l'ha riportata al pronto soccorso, ha chiesto una lastra e poche ore dopo erano già nel regno di OP. Osteosarcoma al femore, 5 centimetri.

La famiglia di Michela pensava ai postumi di un brutto raffreddore, degenerato in bronchite. La piccola si lamentava, si toccava il torace. Tutti pensavano, a casa: ecco, vedi, la bronchite lo fa. Dopo rimane sempre uno strascico, lo fa. Però era passato un mese e Michela aveva iniziato a non dormire più la notte. Si ranicchiava nel letto e si teneva una mano fissa sul petto. All'ospedale di Formia hanno visto delle macchie nei polmoni. L'hanno spedita nel Grande Ospedale d'urgenza, il giorno di ferragosto, quando il regno di OP era quasi deserto. Lei gironzolava tra la ludoteca e il terrazzo con una canotta di Hello Kitty fucsia e le minuscole infradito, come fosse ancora al mare. "Vedrai che non è niente", ripetevo a sua madre, che invece aveva capito perfettamente dove si trovava e tremava come una foglia. Neuroblastoma metastatico. Dai polmoni si era spostato anche in altre parti del corpo. E al cervello.

La famiglia di Bernardo era alla casa al mare, vicino San Benedetto del Tronto. E Bernardo una mattina non riusciva nemmeno ad alzarsi dalla sdraio per quel mal di testa che lo assillava, da giorni, sempre più forte. Il fratellino lo tirava dai boxer del costume, con il pallone sotto il braccio. "Vieni, dai", lo implorava. Ma lui non proprio non ce la faceva. Lo portarono al pronto soccorso convinti si trattasse di un'insolazione. In poche ore è finito prima all'ospedale di Ancona e poi, con l'elisoccorso, qui al Grande Ospedale, nella stanza accanto alla nostra. Intervento d'urgenza al cervello per un ependimoma, un rarissimo tumore del midollo spinale.

I genitori di Martina si erano sposati una settimana prima. Festone in masseria da 200 invitati, con la loro piccola Shirley Templey a fare da damigella d'onore.  Stavano per partire tutti insieme in crociera. Poi, improvvisamente, hanno notato che l'occhio destro della bimba non convergeva più. Strabismo, dalla sera alla mattina. L'hanno portata dall'oculista di fiducia che, li ha spediti da un neurologo dell'ospedale di Brindisi. Si è reso indispensabile il trasferimento nel Grande Ospedale, a 700 chilometri da casa. E così hanno raccontato a Martina che prima di partire per la crociera avevano deciso di fare una gita a Roma, per vedere il Colosseo. E invece del Colosseo erano sbarcati nel regno di OP. A curare un linfoma di tipo B. Al nervo ottico, ma anche ai reni, alle tube di fallopio, alle ovaia, al pancreas.

La mamma di Manuel, invece, lo ha capito una sera, a cena dalla cognata. Arrivavano in tavola la pizza, i sofficini, gli hamburger di prosciutto cotto e Manuel, che è grande e grosso e a tre anni ne dimostra sei, non voleva niente. E non voleva scendere dalle braccia del papà. I cugini lo invitavano a giocare in salotto e lui niente. In braccio al papà. Diceva che era stanco e gli facevano male le gambe. La pediatra minimizzò: "signora, a suo figlio un po' di dieta male non fa. E poi sta arrivando il caldo, il cambio di stagione. E poi sono bambini. I bambini fanno i capricci". Ma passarono due settimane e una mattina Manuel lasciò tutti i biscotti a colazione e, anche se si era appena svegliato, voleva già tornare a dormire. Così la madre lo prese per mano e lo portò in un laboratorio privato di analisi, di quelli dove non serve la ricetta per fare un prelievo. "L'infermiera bucò il braccio e il sangue non usciva", racconta ancora sbalordita. "Tirava e non usciva, finchè non iniziò a uscire, piano piano, ed era sangue rosa". Da Rieti l'ambulanza li portò nel Grande Ospedale. Non era inappetenza e non erano capricci. Non era nemmeno il cambio di stagione. Era leucemia.

5 commenti:

  1. Credo che non ci siano parole per commentare ciò che scrivi. Qualsiasi cosa si possa dire, risulterebbe scontata, ovvia e superflua. Non ho figli e non posso nemmeno dirti che intuisco l'immensa sofferenza che provate tutti quanti là dentro. Però provo a immaginarmi come potrebbe essere, e già solo immaginandolo mi manca il respiro. Ti ammiro, ma questo te lo avranno già detto in tanti. Ti sono vicina, e anche questa sarà una cosa che ti sentirai dire spesso. Trovo che questo blog sia uno dei più belli mai letti. Parli di persone vere e di problemi veri e gravi senza lasciarti andare a sdolcinatezze o lamentele, che pure ci starebbero. Continuerò a seguirti con interesse, perché troppo spesso, tutti quanti, ci lamentiamo senza sapere che il dolore, quello vero, è proprio vicino a noi. O forse lo sappiamo, ma preferiamo chiudere gli occhi. Grazie, perché tu ci aiuti ad aprirli.

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  2. È innegabile che le parole hanno per così dire, una «forza»: San Giacomo in una epistola definisce la lingua come «un piccolo fuoco capace di incendiare una grande foresta» Tu riesci ad incendiare il mio animo e.....grazie!!

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  3. Parole terrificanti, così vere.
    Grazie di questa testimonianza.
    Penso che chiunque ti legga non possa fare a meno di arrabbiarsi con forza, nell'incredulità di trovarsi di fronte a tremendi mali di cui non si capisce l'origine. Creature così piccole.. Perchè?? Mi sembra pazzesco, ci DEVONO essere delle cause!
    In questo momento vorrei essere un medico, un ricercatore, vorrei che ci fosse la forza, la possibilità, la volontà da parte di chi può, di investire, davvero e a tutto campo, nella ricerca e nella prevenzione.
    L'unica cosa che posso fare invece è sperare con te, con voi.
    Un grande abbraccio, eroi del regno di OP.
    Sara

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  4. sto piangendo.....e sono mamma...

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  5. In questo momento riesco solo a mandarti un abbraccio virtuale. Il più sincero che abbia mai dato.
    Sono approdata qui sopra per caso ... e stanotte avrò un pensiero per tutti voi

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