Sono
pochi giorni che vivo nella stanza numero 3 del Regno di Op. Sarà la
metà di giugno, saranno le sei del pomeriggio. Il mostro che abita
la pancia del mio bambino non ha ancora un nome. Lui sembra
tranquillo e sorride alle sue api di plastica. Io me lo faccio
bastare e passo le mie giornate a tirare il latte e sterilizzare i
biberon in attesa che un qualche miracolo accada e che un qualche
eroe dei fumetti venga a salvarci.
Ho
scambiato il Regno di Op per una prigione. Dalla stanza 3 non esco
mai, se non per bere di corsa un caffè nell'immenso e caotico bar
del Grande Ospedale.
Strofino
un biberon bollente con un pezzo di pannocarta mentre Angelo dorme.
All’improvviso mi accorgo di quell’odore. Il mais tostato delle
feste patronali, dei cinema multisala, delle serate con le amiche del
liceo davanti a qualche stupido telefilm. L’odore dei pop corn, nel
Regno di Op. è
reale o frutto della mia nostalgica immaginazione?
Prendo
il coraggio a due mani e mi affaccio in corridoio, di fronte alla
medicheria. Guardo a destra, poi a sinistra. Le vedo. Ciotoline di
plastica stracolme di pop corn distribuite dalle infermiere ai
piccoli abitanti del Regno. I bimbi corrono verso il carrello. Ne
ingoiano a mucchi, perdono dalle mani riccioli bianchi che cadono a
terra. Come al luna park.
Imparo
che nei reparti di Oncologia pediatrica, alle sei del pomeriggio, si
fanno i pop corn, come al cinema e alle feste di paese. Imparo che
esiste una ludoteca, in fondo al corridoio, con un biliardino, una
radio, una pila di giochi da tavola, centinaia di libri e dvd. Vedo
che i ragazzi più grandi si contendono una play station con uno
strano monitor a forma di palla da basket, da piazzarsi davanti al
letto per far passare più in fretta trasfusioni e chemioterapie.
Realizzo
per la prima volta che in quell’angolo del Grande Ospedale si
curano i bambini. Non i malati. Proprio i bambini. E mi sento
sollevata dal fatto che i bambini, anche quando sono malati, restano
sempre più bambini che malati. Con i loro pop corn, i loro disegni,
le loro partite al biliardino e alla play.
Meno
male, penso. E sento un po’ meno dolore.
Questa prima parte del tuo libro, che spero finirai di scrivere e perchè no pubblicherai, mi ha commossa e mi ha incuriosita a tal punto che,per una come me che purtroppo non è attratta dalla lettura,continuo a leggere con voglia ed entusiasmo! sei veramente grande mamma Paola...aveva proprio ragione mio padre quando mi diceva che tu sei una persona fantastica,piena di idee, di iniziative e con un grande spessore culturale!!Ti ammirava molto e ti seguiva sempre quando andavi al Maurizio Costanzo!ti abbraccio Francesca squeo
RispondiEliminaspero solo che vada sempre meglio.
RispondiEliminaEdS
Commossa abbraccio te e coloro che combattono accanto a chi lotta per la vita
RispondiEliminaCiao Paola, non sò se ti ricorderai di me, ti ho visto crescere quando eri bambina giocando con tua sorella Rossella, ma questo ha poca importanza; è da qualche giorno che leggo le tue storie sul regno di OP e non posso far altro che ammirare la tua forza nel commentare tutto ciò che accade intorno al Grande Ospedale, non sò quante mamme avrebbero il coraggio, la forza e lo spirito di farlo. Sei grande, continua così. Un'abbraccio Gianni Sagliano.
RispondiEliminaScoperto stasera grazie a mia cugina Maria Rita, - un'infermiera del regno di Op - e letto tutto d'un fiato,questo tuo blog coraggioso.
RispondiEliminaGrazie perchè mi hai fatto pensare tanto,commuovere...e talvolta sorridere piano piano.
Abbiamo tutti da imparare da persone coraggiose e normali come te. :)
Un abbraccio, Paola.